Con la sentenza causa C-377/07 la Corte di Giustizia ha censurato la normativa germanica in materia di imposta sulle società nella parte in cui prevede due diverse modalità di tassazione delle partecipazioni societarie detenute da un soggetto residente secondo che dette partecipazioni riguardassero soggetti residenti, ovvero non residenti. Una società a responsabilità limitata con sede in Germania (Steko GmbH) che deteneva delle partecipazioni (per un valore inferiore al 10 per cento) in una società non residente riportava nel bilancio relativo all’esercizio concluso il 31 dicembre 2001 una svalutazione di detta partecipazione iscrivendola, quindi, ad un valore inferiore rispetto al valore contabile precedente. Ne derivava un minor utile di esercizio sul quale calcolare l’imposta sulle società.
La posizione del Fisco germanico
L’Amministrazione finanziaria germanica opponeva che per l’esercizio 2001 le vicende relative alle partecipazioni in società estere erano fiscalmente neutrali: gli utili non erano tassati mentre le svalutazioni e le minusvalenze da cessione non erano deducibili fiscalmente. A motivo del recupero era addotta le nuove regole di tassazione degli utili adottate in Germania, introdotte a partire dal 1° gennaio 2001, che prevedono la neutralità fiscale delle partecipazioni in altre società residenti o meno. Tuttavia, mentre per le partecipazioni in società residenti il nuovo sistema di tassazione entrava a regime dal 2002, per le partecipazioni in società non residenti, a parere dell’Amministrazione finanziaria, era anticipato al 2001.
L’intervento della Corte federale
La controversia perveniva alla Cassazione federale (c.d. Bundesfinanzhof) che riteneva di sottoporre alla Corte di Giustizia questione pregiudiziale, ex articolo 234 del Trattato, concernente la compatibilità di tale disparità di trattamento, relativa ad un caso di svalutazione di partecipazioni anche per un breve periodo, con l’articolo 56 che vieta i comportamenti che restringono i movimenti di capitali all’interno dell’Unione europea.
Il quadro normativo di riferimento
L’articolo 8 del KStG (codice tedesco delle imposte dirette), in materia di tassazione degli utili delle società, prima del 1 gennaio 2001 disponeva che la neutralità fiscale delle partecipazioni in società non residenti era ammessa a condizione che fossero possedute almeno il 10 per cento delle azioni o quote. La Steko riteneva che la svalutazione fosse deducibile per il 2001 dato che possedeva una partecipazione inferiore al 10 per cento. Infine, si trattava di una svalutazione mentre la normativa germanica in esame testualmente si riferisce a cessione di partecipazioni da cui derivi una minusvalenza. La modifica all’articolo 8 citato entrava in vigore dal 1° gennaio 2001 per le sole partecipazioni in società non residenti, e ne veniva rinviata l’applicazione al 2002 per le partecipazioni in società residenti.
Le giustificazioni del governo tedesco
Il governo nazionale riteneva che la svalutazione in bilancio di partecipazioni poteva essere assimilata quanto agli effetti economici ad una cessione a terzi. Inoltre, non disconoscendo l’esistenza di una diversa modalità di tassazione tra partecipazioni in società residenti rispetto a società non residenti, ciò era dovuto a motivo "imperativo di interesse generale" di cui all’articolo 58 del Trattato.
La decisione della Corte di Giustizia
La Corte di Giustizia ha ritenuto che una normativa nazionale – anche contenuta entro limiti temporali minimi – che impone un diverso regime temporale di tassazione in casi analoghi non è compatibile con i principi del Trattato CE, nel caso in esame con l’articolo 56. Le misure nazionali ostative si possono manifestare con misure atte a "limitare", "impedire" o anche "dissuadere" nel senso che un socio di una società che si trovi nelle condizioni della Steko potrebbe anche decidere di cedere delle partecipazioni in società sottoposte ad un trattamento fiscale penalizzante o a dissuadere un soggetto terzo ad acquistare partecipazioni nella medesima società. La disparità di trattamento temporalmente limitata non ha rilevanza dato che il danno economico che ne può conseguire può essere anche considerevole. La rilevanza fiscale delle perdite derivanti dal possesso di partecipazioni in altre società è un dato di fatto che si manifesta allo stesso modo a prescindere dalla residenza delle società partecipate, come già precisato in altre decisioni (cfr. sent. 29 marzo 2007, C-347/04: "Per quanto riguarda le perdite subite da tali società controllanti residenti per gli ammortamenti realizzati sul valore di loro partecipazioni in società controllate, queste società si trovano in una situazione analoga, che si tratti di partecipazioni possedute in società controllate stabilite in Germania o in altri Stati membri"). Per costante giurisprudenza comunitaria si ricorda che "costituiscono restrizioni alla libertà di stabilimento nonché alla libera prestazione di servizi (…) misure che vietano, ostacolano o scoraggiano l’esercizio di tali libertà" (cfr. sent. C-451 del 1999 della Corte di Giustizia).
Salvatore Sardella – Nuovo Fisco Oggi