Nel caso in questione, i giudici d’appello avevano accolto la tesi proposta dal contribuente ritenendo che il recupero operato del saldo negativo di cassa come importi non contabilizzati fosse privo di ogni logica, in quanto i rilievi inerenti la movimentazione del conto cassa o si esaurivano nell’ambito puramente finanziario senza alcun riflesso sulla determinazione dei ricavi oppure incidevano sulla gestione economica e, in tale ipotesi, l’ufficio avrebbe dovuto provare il rapporto tra la movimentazione del conto cassa e gli ulteriori ricavi accertati.
La Suprema corte aveva già precisato (Cassazione 27585/2088 e 24509/2009), in ipotesi similari, che “siccome la chiusura "in rosso" di un conto di cassa significa, senza possibilità di dubbio, che le voci di spesa sono di entità superiore a quella degl’introiti registrati, non si può fare a meno di ravvisare, senza alcuna forzatura logica, l’esistenza di altri ricavi, non registrati, in misura almeno pari al disavanzo. Si deve conseguentemente ritenere che una chiusura di cassa con segno negativo oltre a rappresentare, sotto il profilo formale, un’anomalia contabile, denota sostanzialmente l’omessa contabilizzazione di un’attività (almeno) equivalente al disavanzo”.
Il conto cassa è un prospetto contabile del libro mastro sul quale sono annotate le entrate e le uscite (o denaro contante).
La dottrina ragionieristica ha illustrato che la cassa negativa (o cassa in rosso) è una situazione contabile impossibile da verificarsi nella realtà. In altri termini, il saldo negativo di cassa sta a significare che dal conto cassa sono «usciti» più denari di quanti ne sono «entrati».
Il saldo del conto cassa può essere solamente positivo ovvero pari a zero, mentre non può mai essere negativo.
Il saldo del conto cassa è negativo nei seguenti casi:
- una parte dei denari entrati in cassa non è stata registrata in contabilità (ad esempio, entrate per ricavi in nero, entrate nella cassa del bar o del ristorante in assenza dell’emissione dello scontrino fiscale o della ricevuta fiscale)
- errori di registrazione contabile nel conto cassa.
Sotto il profilo della ripartizione dell’onere probatorio tra contribuente e Fisco, non può essere trascurata la pronuncia della Suprema corte (Cassazione, 6166/2001) in cui si è affermato che “posto che un "conto cassa" rientra sicuramente tra le scritture contabili, ancorché non obbligatorie, astrattamente idonee, ad essere utilizzate dall’ufficio ai fini dell’accertamento, quale "documento relativo all’impresa" – i giudici d’appello non hanno assolutamente spiegato, in modo specifico, in cosa consisterebbe "l’erronea imputazione", operata dal contribuente nel predetto conto e ritenuta idonea a superare la contraria valenza presuntiva (di corrispettivi non contabilizzati) attribuita all’ufficio ai saldi negativi del conto medesimo”.
La giurisprudenza maggioritaria (cfr Cassazione, 3580/2009) ha confermato la legittimità dell’«utilizzo» del saldo negativo di cassa da parte dell’Amministrazione finanziaria sia nel caso in cui proceda mediante il cosiddetto accertamento “analitico – induttivo” ex articolo 39, comma 1, del Dpr 600/1973, sia nell’ipotesi in cui accerti ex articolo 39, comma 2, dello stesso decreto.
Nel primo caso, senza disattendere l’impianto contabile, l‘Erario procede con il metodo analitico anche se sulla base di presunzioni rispondenti ai requisiti di gravità, precisione e concordanza. Nella seconda ipotesi, dopo aver dimostrato l’inattendibilità delle scritture contabili, l’Amministrazione finanziaria si trova legittimata a procedere anche sulla scorta di presunzioni non qualificate.
In altre parole, il saldo negativo di cassa, che l’imprenditore non è in grado di giustificare, esprime un’anomalia particolarmente grave in quanto essa rappresenta, nella logica economico – ragionieristica, un vero e proprio risultato contro natura, che può trovare ingresso nel circuito contabile solamente in virtù del fatto che questo circuito è “cartolare”. Risultato “contro natura”, in quanto, una volta raggiunto il livello “zero”, ogni ulteriore possibilità di impiego del contante pare preclusa.