Via libera definitivo del Congresso allo stimolo fiscale targato Obama. È stato quindi rispettato il termine del 16 febbraio fissato nei giorni scorsi dal Presidente neoletto per la firma finale del documento. Il piano, destinato al rilancio dell’economia statunitense che, da almeno un anno, sconta gli effetti della recessione, ha in agenda diversi interventi il cui calendario non è affatto uniforme. Innanzitutto, già a partire dai prossimi mesi, i primi a beneficare delle nuove misure appena varate saranno decine di milioni di contribuenti e di consumatori, con l’obiettivo di risollevarne la capacità di spesa in modo da favorire il risveglio della domanda interna, da sei mesi dormiente. Una volta rafforzati i bilanci delle famiglie, le agevolazioni faranno rotta sui bilanci delle aziende, soprattutto di piccole e medie dimensioni. E per finire, al termine della corsa sarà la spesa pubblica a essere potenziata. Il traguardo indicato dallo stesso Presidente è quello di creare 3 milioni di posti di lavoro nel corso del prossimo biennio, 3,5 per l’esattezza, con cui riassorbire i 3,6 milioni di disoccupati riversati sul mercato dalla crisi.
Il prezzo dell’ok del Senato: 20miliardi di minori sconti fiscali
In realtà, il "Sì" del Senato è risultato nient’affatto spontaneo. I consiglieri economici del Presidente hanno dovuto mediare fino all’ultimo cercando di definire una linea di conciliazione convincente, capace di assecondare le ansie d’un folto gruppo di Democratici e di soddisfare, almeno parzialmente, gli interessi dei Repubblicani. Alla fine, smarrendo nel corso delle discussioni e del dibattito circa 50 miliardi, di cui 20mld di agevolazioni e di sconti fiscali e 30mld di spesa pubblica, il piano ha incassato l’ok definitivo della Camera federale.
Se lo stimolo perde l’appeal
Nel dettaglio, la misura fiscale maggiormente colpita, anzi affondata, dal dibattito in Senato è quella destinata a rimettere in moto il mercato degli immobili. Si tratta d’un credito d’imposta di 15mila dollari per l’acquisto d’una unità abitativa. Con questo regalo del fisco federale, i responsabili dell’economia stimavano possibile riattivare il flusso delle compravendite di immobili o, comunque, nell’ipotesi meno ottimista, contenere la crisi del settore. Nulla di fatto. I senatori hanno semplicemente stralciato la norma dal pacchetto fiscale, consegnandola alle pagine dei buoni intenti. Altra vittima del prezzo pagato al Senato per l’ok definitivo nei tempi previsti è il bonus messo a punto per rinvigorire il reddito disponibile dei lavoratori sotto la soglia dei 200mila dollari l’anno. In pratica, il credito d’imposta sarà di 400 dollari per i singoli individui e di 800 dollari per le famiglie. Inizialmente, il bonus prevedeva una detrazione rispettivamente di 500 e di 1000 dollari. Comunque, l’effetto atteso dall’entrata in vigore di questa misura è di consegnare, in media, circa 40 dollari su base mensile ai lavoratori che percepiscono redditi medio-bassi e alle loro famiglie.
Soldi anche agli Stati dell’Unione
Con il profondo rosso che assilla i conti pubblici di ben 44 Stati dell’Unione, il Congresso s’è visto costretto a varare anche un pacchetto d’aiuti che, alla fine della corsa, ha raggiunto 53 miliardi di dollari. Risorse attese in realtà da tempo e che la precedente Amministrazione aveva più volte rinviato. Infatti, nel 2008, lo squilibrio tra entrate e uscite degli Stati è stato di circa 51miliardi di dollari. Nel 2009 invece questo gap è destinato a estendersi per effetto della crisi, arrivando a lambire i 100 miliardi di dollari. Senza interventi mirati quindi si sarebbe rischiato di salvare i conti pubblici degli Stati Uniti, sacrificando e mandando in rovina gli Stati che ne costituiscono l’infrastruttura istituzionale e fondante. Un pericolo questo che sarebbe ora scongiurato.
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