La plusvalenza derivante dalla vendita di un edificio non ultimato è fiscalmente configurabile come "reddito diverso" soltanto se il bene è ceduto prima di cinque anni dal suo acquisto o dalla sua costruzione. Tuttavia, diventa cessione di area edificabile e genera, quindi, in ogni caso plusvalenza imponibile la cessione dello stesso manufatto se non identificabile come immobile costruito.
È in sintesi la riposta data dall’Amministrazione finanziaria, con la risoluzione n. 23/E del 28 gennaio, a una contribuente che chiede quale regime fiscale applicare alla cessione di un fabbricato costruito, ma non ancora ultimato, su un terreno acquistato nel 1989 e, più precisamente, di un rustico provvisto, fin dal 2002, delle mura perimetrali relative ai singoli locali e del tetto.
Secondo l’istante si tratta di un fabbricato ceduto a titolo oneroso a più di cinque anni dalla sua costruzione e perciò l’operazione non va assoggettata, mancandone i presupposti, al trattamento tributario previsto, per i redditi diversi, dall’articolo 67, comma 1, lettera b), del Tuir. La costruzione, viene sottolineato nell’interpello, può essere considerata "esistente" in quanto conforme ai requisiti fissati dall’articolo 2645-bis, comma 6, del codice civile.
Quest’ultima specificazione, insieme al momento di realizzazione del manufatto, è fondamentale per stabilire quale trattamento fiscale applicare.
L’agenzia delle Entrate, infatti, nell’argomentare la sua risposta, evidenzia che la norma qualifica "redditi diversi" le plusvalenze derivanti dalle cessioni di beni immobili acquistati o costruiti da non più di cinque anni (con esclusione di quelli acquisiti per successione o utilizzati come abitazione principale) e quelle ottenute dalla vendita di terreni edificabili.
L’alienazione di un’area fabbricabile, quindi, è considerata dall’articolo 67 sempre un’operazione con fini speculativi e perciò imputabile.
In sostanza, nel trasferimento di proprietà di un terreno il fattore temporale non rileva, mentre diventa sostanziale per un fabbricato.
Nel caso esaminato, quindi, occorre innanzitutto valutare l’esistenza di uno dei due presupposti impositivi, accertando quale sia l’effettivo oggetto della cessione: fabbricato o terreno edificabile. La risposta a questa domanda, si precisa nel documento di prassi, può essere data soltanto dopo un’indagine di fatto, in particolare dall’esame delle clausole del contratto di compravendita, valutazioni che però non possono essere espresse in sede di interpello.
Ipotizzando, comunque, che il manufatto possa considerarsi un fabbricato, ancorché allo stato rustico, ma rispondente ai parametri dell’articolo 2645-bis, il passaggio successivo è stabilire il presupposto temporale richiesto dalla norma. In sostanza, se il rustico è effettivamente un "immobile costruito" ceduto a titolo oneroso entro un quinquennio dalla sua realizzazione, la sua vendita genererà plusvalenza imponibile ai sensi dell’articolo 67. Nel caso in cui invece sia dimostrato che la costruzione risale a più di cinque anni, l’alienazione non comporterà plusvalenza da sottoporre a tassazione. La risoluzione suggerisce, quale possibile prova, la denuncia al catasto urbano dell’edificio nella categoria provvisoria relativa agli immobili in corso di costruzione.
Infine, nel caso in cui non fosse possibile identificare la struttura quale fabbricato, la compravendita seguirebbe la disciplina riservata alle cessioni di aree edificabili.
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